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I rischi ergonomici dello smart working. Come prevenire?

La pandemia ed il ricorso allo smart working ci ha posto davanti a numerosi rischi ergonomici. Disturbi muscolari, scheletrici, posture scorrette sia nell’utilizzo delle attrezzature che nella quotidiana attività. Come può, la formazione, diventare azione di prevenzione?

Effettuare un’adeguata analisi dei rischi delle tante attività che sono state provvisoriamente organizzate a distanza può apparire complesso.
Ma malgrado ciò, la nuova organizzazione e gestione del lavoro, destinata ad avere un impatto importante, necessita di uno sviluppo di strategie di prevenzione idonee.
Diversi sono gli strumenti che possono aumentare la consapevolezza dei possibili rischi nelle attività in smart working, tra cui il documento CNI “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smart working”.

Un documento sviluppato in un “momento epocale derivante purtroppo da una pandemia che si è rilevata drammatica” e che ha comportato “un aumento notevole e imprevisto di lavoratori che operano in modalità a distanza e spesso in condizioni di solitudine”.

Smart working: i disturbi muscoloscheletrici

Quando si parla di smart working non si può che fare riferimento all’insorgenza di disturbi muscoloscheletrici (DMS).
Una tra le patologie lavorative più frequenti, bisogna ricordare che ha un costo per il datore di lavoro. Ragion per cui la risoluzione e il miglioramento giova sia alla salute dell’operatore che al bilancio dell’impresa.

In genere, i disturbi muscoloscheletrici, come riportato nel documento, “interessano la schiena, il collo, le spalle e gli arti superiori, ma possono anche colpire gli arti inferiori. Riguardano dolori o danni ad articolazioni e tessuti e coprono un’ampia gamma di disturbi. A seconda del livello di serietà, possono portare all’impossibilità a recarsi sul luogo di lavoro e necessitare di cure mediche. Nei casi cronici più gravi, possono addirittura portare alla disabilità e all’abbandono forzato del posto di lavoro”.

Si tratta di patologie dovute per lo più ad una serie di fattori quali:

  • l’assunzione di posture scorrette o statiche;
  • ritmi intensi di lavoro;
  • il mantenimento prolungato della stessa posizione in piedi o seduta;
  • la movimentazione di carichi, specialmente quando si ruota o si piega la schiena;
  • movimenti ripetitivi o che richiedono uno sforzo
  • vibrazioni, scarsa illuminazione o lavoro in ambienti freddi.

Smart working: posture scorrette

Il documento parte dalla premessa che “non sono gli strumenti informatici  quali computer, cellulare, a causare eventuali dolori, ma le posture scorrette con cui li si utilizza, se mantenute a lungo”.

L’assunzione di posizioni di lavoro scorrette, come il mantenimento del computer appoggiato sulle ginocchia, l’utilizzo di sedie non ergonomiche o addirittura del proprio divano in una postazione domestica, può generare severi danni all’apparato muscoloscheletrico.

Anche lo smartphone può generare conseguenze importanti. Un esempio ne sono i casi in cui per digitare vengono utilizzati prevalentemente i pollici impugnando lo strumento con entrambe le mani. Protraendo infatti nel tempo uno stesso movimento c’è il rischio di sovraccaricare alcuni tendini della mano.

Non è raro osservare sindromi del tunnel carpale dovute proprio a questo uso scorretto delle mani.

E ancora: una prolungata esposizione e posizioni definite ‘a tartaruga’ cioè con la testa sporgente verso lo schermo, possono causare anche importanti conseguenze per il rachide, a lungo termine.

Ergonomia: formazione e prevenzione

Il documento indica che per migliorare la prevenzione di questi problemi va dedicata massima importanza sia ai percorsi di informazione/formazione, sia alle azioni di prevenzione che dovrebbero includere modifiche riguardanti:

  • gli spazi di lavoro, adeguandoli al fine di migliorare le posture lavorative;
  • le attrezzature, assicurando che siano ergonomiche e adatte ai compiti da svolgere;
  • un miglioramento della consapevolezza dei rischi;
  • una pianificazione del lavoro che eviti mansioni ripetitive o prolungate con posture scorrette, programmando ad esempio delle pause cadenzate;
  • i fattori organizzativi, sviluppando una politica in materia di tutela dell’apparato muscoloscheletrico.

Infine il documento segnala che dal punto di vista ergonomico è importante ricordare sempre “quanto sia opportuno eseguire alcuni esercizi durante le pause”.
Come dimostrato ampiamente dalla letteratura di riferimento, gli esercizi di ginnastica e di stretching consentono di “migliorare nettamente lo stato di salute”.